Meno è [molto] meglio
Più tempo. Più spazio. Più possibilità per il nuovo.
In un articolo dei giorni scorsi, Loredana Lipperini lancia l’allarme: i critici non riescono a seguire tutte le novità che vengono pubblicate, il rischio è che si dedichino ai libri “più sicuri”, a scapito delle nuove scoperte.
Come non darle ragione?
Com’è possibile che librai, bibliotecari, lettori, e insieme a loro critici, blogger, influencer riescano a seguire, lanciare, proporre e leggere tutte queste novità?
Il fatturato complessivo del mondo del libro rimane lo stesso, un anno va un po’ meglio, un anno un po’ peggio. Ma da due anni le novità crescono a ritmi vertiginosi.
Quanto ci costa tutto questo, non solo in termini di denaro, ma di tempo, energie, attenzione?
Siamo così felici di buttare al macero tutta questa creatività?
Qualche decennio fa, Luciano Bianciardi – grande e inascoltato maestro di stile e disobbedienza civile – scrisse con grande energia che si pubblicavano troppi libri.
Eravamo negli anni Sessanta, le novità pubblicate erano seimila.
Nel 2022 sono uscite ottantamila novità: quasi quindici volte tanto!
Nel 2003 Marcos y Marcos lanciò una prima campagna di decrescita se non felice, certamente necessaria: lo slogan “meno tre” (tre novità in meno l’anno) portò fortuna.
A vent’anni di distanza, abbiamo deciso di tornare alla carica. O meglio, per evitare la discarica e darci tutti più tempo pubblicheremo una sola novità di narrativa al mese.
In questi tempi difficili, le cose che contano – e i libri certamente lo sono – debbono durare un pochino di più.
Pubblicare meno significa lavorare [molto] meglio: per dare più tempo, più spazio, più speranza di emergere a ciò che davvero è nuovo.
Claudia Tarolo e Marco Zapparoli