Oltre le pagine di…
Ho paura torero
HO PAURA TORERO
di Pedro Lemebel
Traduzione di M.L.Cortaldo e Giuseppe Mainolfi
In libreria e in ebook
Ho paura torero al cinema
Dal romanzo al film
TENGO MIEDO TORERO
di Rodrigo Sepúlveda con Alfredo Castro
al FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA 2020
Pedro Lemebel, una “cavalla dell’Apocalisse”

Da alcuni definito lo scrittore cileno della post-dittatura, Pedro Lemebel è molto più di un semplice scrittore. È stato anche un grande performer e attivista omosessuale, ed è diventato col tempo un simbolo della controcultura internazionale. Negli anni ’80 fondò insieme all’amico artista e poeta Francisco Casas, il duo performativo “Las Yeguas del Apocalipsis”, le cavalle dell’Apocalisse. I desaparecidos, i diritti umani, la libertà sessuale, la ricerca di un dialogo democratico, l’opposizione alla dittatura sono i temi a lui più cari, attorno a cui ruota tutta la sua opera di artista.
Sceglie di portare il cognome Lemebel, quello della madre, come gesto di alleanza verso il mondo femminile e di amore per la madre.
Negli anni Ottanta, si avvicinò a intellettuali di sinistra che condividevano alcuni dei suoi ideali, come l’opposizione al regime dittatoriale di Pinochet. Tuttavia, il fatto che lui fosse apertamente omosessuale talvolta non era visto di buon occhio neanche tra le persone più progressiste. Per questo nel 1986, durante un incontro segreto di dissidenti di sinistra, Lemebel lesse il suo Manifesto: hablo por mi diferencia.
Durante la lettura indossava dei tacchi a spillo, che divennero poi parte integrante delle sue performance. Lemebel fa della diversità la sua bandiera, parla per essa, a sostegno di essa e attraverso di essa.
Qui potete trovare un interessante approfondimento su Pedro Lemebel, e il testo in spagnolo e italiano di Hablo por mi diferencia:
Pedro Lemebel, oltre alla scrittura e all’impegno politico è famoso anche per le sue performance, espressione di forme d’arte diverse, unite per creare qualcosa di speciale e innovativo.
Qui trovate una bellissima e delicata performance di Pedro Lemebel
I funerali di Pedro Lemebel sono stati una celebrazione a tutti gli effetti in onore dell’autore. Parteciparono moltissime persone, fu salutato con petali di rose, danze e canti popolari e circondato da centinaia di persone al Cementerio General. Il suo impegno nel rompere le norme stabilite attraverso l’espressione della sua arte e il suo attivismo hanno lasciato un enorme impatto sulla società.
Potete guardare qui uno dei molti coloratissimi video che raccontano i funerali:
Le canzoni della Fata

«C’era la casetta macilenta, un angolo di tre piani con una scala vertebrale che portava in soffitta. Da lì si poteva vedere la città in penombra, coronata da un velo torbido di polvere. Era una piccionaia, una ringhiera per stendere le lenzuola, le tovaglie e le mutande inalberate dalle mani marimbe della Fata dell’angolo. Nelle sue mattine di finestre spalancate, cantava “Ho paura torero, ho paura che stasera il tuo sorriso svanisca”».
Il libro prende il nome da un verso della canzone popolare, Tengo miedo torero, cantata da artiste come Sara Montiel e Lola Flores. Il protagonista del romanzo, anche conosciuto come la Fata dell’angolo, canta questa canzone per la prima volta proprio all’inizio del romanzo. Dalle finestre, la sua voce che intona quelle canzoni fuori moda rallegra tutto il quartiere.
«Il suono dei passi in soffitta indicava che la riunione era terminata. Domani mi racconti il resto, disse Carlos con aria complice, estendendosi in tutta la sua altezza e grandezza, mentre lei lo contemplava dal basso giocherellando con le pieghe della tenda.
Vuoi sapere tutto del mio passato.
Per capire se ti puoi fidare.
Rinunciare alla vita e non morire,
questo è amore, non quello che c’è in te-e».
Il romanzo di Pedro Lemebel è ricco di rimandi alla musica popolare e tradizionale sudamericana. Incontriamo ad esempio la canzone Mucho corazón di Luis Miguel in uno dei primi momenti di intimità tra la Fata e Carlos, quando iniziano ad approfondire la conoscenza l’uno dell’altro. La Fata racconta di un episodio del suo passato e Carlos chiede di sapere di più, prima che la Fata lo lasci con le note di questa canzone.
«Desiderio di averti tra le braccia,
e mormorarti parole d’amore. Desiderio di possedere la tua bellezza, e baciarti di nuovo sulla bocca».
La Fata canta questa canzone in uno dei più intimi momenti con il suo amato Carlos. Non vogliamo svelarvi oltre, ma vi suggeriamo di ascoltarla.
«Per piacere, mettiamo un po’ di musica. Come si accende la radio?
Se Dio si prende la mia vita prima della tua
gli chiederò di essere l’angelo che guida i tuoi passi.
La musica li avvolse con il suo ritmo ranchero. Tra la canzone e i loro pensieri, la storia politica intrecciava le emozioni, le inquietudini del giovane rivoluzionario sull’orlo del precipizio, le illusioni d’amore della fata che serrava le palpebre, recitando le parole di quella ballata con il petto stretto, sentendo avvicinarsi l’epilogo della sua azione coraggiosa».
Si Dios me quita la vida è una delle molte canzoni che la Fata canta durante il romanzo. Qui si è appena fatta carico di un compito importante, dopo aver accolto e nascosto Carlos e i suoi amici rivoluzionari, li ha aiutati consegnando una misteriosa borsa a un altrettanto misterioso uomo, per poi ritornare a casa e tra le braccia del suo amato.
La Santiago della Fata
Pedro Lemebel amava moltissimo la sua città, Santiago del Cile.
L’ha raccontata in molte sue “Cronache” e non manca in questo unico e straordinario romanzo, dove ce la mostra, come in questo brano, attraverso gli occhi della Fata dell’angolo.
Qui lei percorre la città verso il Barrio Alto, nella località di Las Condes. Storicamente questa è la zona dove abita la classe medio-alta della popolazione, la Fata, infatti, sartina dei quartieri alti, viene qui a consegnare le sue tovaglie ricamate per le famiglie benestanti. Il nome “Barrio Alto” significa letteralmente “Quartiere alto”, grazie alla sua posizione all’inizio della cordigliera delle Ande. Oggi il quartiere è parte di un distretto finanziario soprannominato Sanhattan (Santiago de Chile + Manhattan, lo potete vedere in foto).

«L’autobus arrancava attraverso una Santiago appassita, i passeggeri salivano e scendevano, rinnovando il suo carico umano. Mancava molto per arrivare al Barrio Alto, un’ora buona di traversata. Il paesaggio cambiava man mano che ci si avvicinava al centro, molti negozi coloravano la strada con le loro insegne che offrivano mille gingilli d’importazione, un carnevale di pupazzi di peluche e di utensili di plastica che aveva messo in ginocchio la precaria industria nazionale».

«Di nuovo nell’Alameda con i suoi edifici grigi affumicati dallo smog, di nuovo in centro con il suo brulichio di gente, e di nuovo il Mapocho, con l’odore di pesce fritto e i fruttivendoli in maniche di camicia, che se ne stavano in panciolle, assaporando quella vivace solarità. Nonostante tutto era la sua Santiago, la sua città, la sua gente, che si dibatteva tra gli abusi di una dittatura dura a morire e gli striscioni tricolori che fluttuavano nell’aria settembrina».
L’Alameda è un quartiere di Santiago del Cile, costruito in un ramo del fiume Mapocho, prosciugato durante il 1500. Il nome deriva dalla parola álamo (pioppo in spagnolo), perché lungo il percorso della strada vennero piantati quattro filari di pioppi. Durante gli anni ’70 la strada subì grandi modifiche per via della costruzione della linea uno della metropolitana di Santiago, che la percorre per tutta la sua lunghezza.
Oggi la via si chiama Avenida Libertador General Bernardo O’Higgins e vi si affacciano gli edifici più importanti di Santiago, come ad esempio il Palacio de La Moneda, residenza del Presidente della Repubblica.
Recoleta è un’altra delle zone di Santiago che visitiamo insieme alla Fata. È il quartiere dove abitano le sue ‘sorelle checche’, le amiche che l’hanno accolta al suo arrivo a Santiago e con cui ha passato molti anni. È un’area della città metropolitana di Santiago del Cile, diventata comune indipendente all’inizio degli anni Novanta. È in questa zona che si trova il Cemeterio General della città di Santiago del Cile, luogo di sepoltura di molti presidenti e personaggi pubblici e per questo una delle mete turistiche di questa zona.

«La Lupe, la Fabiola e la Rana, le sue sorelle checche che abitavano in un casermone a Recoleta, vicino al Cimitero generale, in quel quartiere polveroso pieno di caseggiati bassi, vicoli e cantoni dove bivaccavano gli uomini, i giovani abitanti che passavano tutta la giornata ubriachi, a fermentare al sole».
Il Cile ai tempi di Pinochet

«Il Dittatore […], dietro le lenti scure dei suoi occhiali dormiva profondamente, sognando un gran funerale. Con il suo vestito di gala, la fascia presidenziale, marciava lento tenendo il passo del carro funebre, che scampanellava tirato da quattro coppie di cavalli».
Il romanzo di Pedro Lemebel ci mostra anche la vita di Pinochet e di sua moglie, regalandoci un ritratto satirico difficile da dimenticare. Augusto Pinochet è stato un generale e politico cileno che, dopo un colpo di Stato nel 1973, governò in Cile come dittatore fino al marzo del 1990. Si autonominò presidente e instaurò una dittatura militare, durante la quale ordinò una forte repressione dell’opposizione, considerabile come un vero e proprio sterminio di massa.
Fu fortemente conservatore e guidò un governo considerato militarista e reazionario. Molti oppositori lo definirono simpatizzante o appartenente ai regimi fascisti, ma in realtà il suo regime fortemente oppressivo non seguiva le strutture sociali di quel tipo di regimi. Sicuramente il suo orientamento politico fu anticomunista e di stampo conservatore.
«Gli sbirri di qui e i terroristi di là, quel Fronte patriottico non so cosa, e tutte le pene di quella povera gente a cui avevano ammazzato un familiare. Immancabilmente, quell’argomento riusciva a commuoverla, quando ascoltava le testimonianze radiofoniche ricamando lenzuola per la gente ricca, con rose senza spine».
Carlos, il giovane rivoluzionario di Ho paura torero, fa parte del Fronte Patriottico Manuel Rodríguez. Si tratta di un’associazione clandestina di stampo rivoluzionario, che aveva un’ideologia marxista-leninista e lo scopo di ribaltare la dittatura militare di Augusto Pinochet. Questa organizzazione era inizialmente l’apparato militare del Partito Comunista cileno, e con il suo appoggio svolgeva diverse azioni contro la dittatura, talvolta con l’uso delle armi in forma di “guerriglia urbana”.
Il movimento venne poi considerato a stampo terroristico e questo provocò la separazione dal Partico Comunista.

«Plaza de Armas, dall’angolo, sembrava quasi deserta, ferita dalla vampata rossa delle pattuglie che sfrecciavano a sirene spiegate. Le fermate degli autobus erano stracolme di gente, che a grappoli di braccia e mani si appendeva ai rari mezzi pubblici e si dileguava in gran fretta per le strade vuote. Ma che cazzo era successo mentre lei era al cinema?».
Mentre la Fata è al cinema, Plaza de Armas, nel centro di Santiago, è teatro di un attentato. Il Fronte patriottico Manuel Rodríguez ha, infatti, organizzato un attentato fallimentare alla vita di Pinochet, che rimase solo lievemente ferito.
La data scelta per l’attentato, l’11 settembre, non è casuale: l’11 settembre del 1973, infatti, in Cile c’era stato un colpo di stato, volto a rovesciare la democrazia di Allende. Fu in quell’occasione che prese il potere una giunta militare guidata da Augusto Pinochet.