Oltre le pagine di…
La vedova Van Gogh
Tra le tele di Van Gogh
Un percorso iconografico tra i dipinti raccontati nel romanzo di Camilo Sánchez.
«Se ogni stile fosse una vita, Van Gogh avrebbe vissuto almeno otto vite in un solo decennio».
Vincent Van Gogh iniziò a dipingere all’età di ventisette anni, e morì a trentasette. Si dedicò alla pittura per un solo decennio, tra il 1881 e il 1890,ma, in questo breve lasso di tempo, produsse più di ottocento dipinti e mille disegni, attraversando delle svolte artistiche che cambiarono radicalmente il suo stile.
Moltissimi i quadri che affiorano dalle pagine di La vedova Van Gogh, quadri che invadono, perseguitano, commuovono la mente di Johanna, gravata dall’onere e dall’onore di portarli alla fama. Quando il pittore olandese Toorop visita Johanna, sedotto dall’opera di Vincent, non può fare a meno di restare estasiato: «’questi cambi di rotta repentini hanno qualcosa di geniale’ ha detto di punto in bianco, spalancando le braccia, perdendo ogni compostezza».
Ma, dunque, quali sono le tappe principali di questo percorso?
- Matita, gesso nero e carboncini
- Olio scuro
- Anversa: le stampe giapponesi
- L'incontro con l'impressionismo
- Arles
- Saint-Rémy-de-Provence
«Mentre legge una lettera di Van Gogh che si appella a Millet per difendere i disegni acerbi dell’Aia, Johanna intuisce che quei primi schizzi, tratteggiati con un carboncino da falegname e una penna artigianale, potrebbero essere i prescelti per la mostra inaugurale di Van Gogh».
Van Gogh inizia la sua carriera da pittore realizzando disegni in bianco e nero con la matita, il carboncino e il gessetto. La decisione di dedicarsi alla pittura giunge tardi, dopo la sua esperienza di impiegato presso una casa d’arte e quella di pastore protestante nel Borinage, regione belga un tempo ricca di carbone. Qui Vincent vive accanto ai minatori, condividendo con loro pericoli e sofferenze. Spossato e accusato dalle autorità religiose di “follia mistica” rientra in famiglia e infine, aiutato dal fratello Theo, decide di diventare pittore. Vincent individua infatti nell’arte il metodo più efficace per denunciare la condizione dei lavoratori sfruttati e bisognosi e, insieme, sfogare l’urgenza di esprimere il proprio mondo interiore, tormentato dalla sofferenza psichica. Così inizia a ritrarre soggetti di vita quotidiana: lavoratori umili come seminatori, taglialegna, aratori e lavandaie sono al centro del suo interesse. Questo si deve anche al fascino di Vincent per le opere di Jean-François Millet, pittore realista che, nella Francia di metà Ottocento segnata dalle lotte di classe, vuole dare dignità eroica ai suoi soggetti contadini, trasmettendo nella sua pittura l’austerità e il senso religioso della vita nei campi.

Sorrow
Vincent Van Gogh, 1882
Van Gogh Museum, Amsterdam

Due seminatori
Vincent Van Gogh, 1882
Museo Van Gogh, Amsterdam
«’Non sono venuta a posare, sono venuta a portarti questo’ aveva detto Sien, quella sera. Era un piatto di fave e patate per Van Gogh. Sapeva che non aveva nulla da mangiare. È stato allora – Sien era malata, con una bimba piccola e una gravidanza senza padrone – che Van Gogh le aveva offerto un posto nella sua stanza».
I primi anni di pittura sono, per Van Gogh, anche un periodo di profonde delusioni sentimentali: innamoratosi prima della cugina Kee, da cui è rifiutato, arriva nel 1881 a ustionarsi volontariamente una mano per la sofferenza. Segue la passione per Sien, una prostituta gravemente malata di vaiolo di cui Vincent si prende cura tra il 1882 e il 1883. Il pittore vorrebbe sposarla ma, osteggiato dall’assenza di denaro e dalla famiglia, interrompe bruscamente la relazione. A lei Vincent dedica numerosi disegni, tra cui il ritratto Sorrow.

Donne sulla torbiera
Vincent Van Gogh, 1883
Van Gogh Museum, Amsterdam
«Era rimasto a contemplare, quella mattina, i poveri che mangiavano patate come se si fosse trattato del dipinto di qualcun altro, pur riconoscendo, nei colori e nei motivi, il suo antico registro. […] Con voce un po’ alterata quella mattina aveva chiesto a sua cognata, a due mesi dal colpo di pistola finale, se vedesse in loro tristezza o dignità.
Johanna aveva risposto dignità, naturalmente, senza pensarci troppo, più che altro per compiacerlo. Anche se più tardi guardandolo meglio aveva capito di aver detto la verità. Van Gogh lo aveva dipinto cinque anni prima. Un secolo prima».
Sempre con l’intento di raffigurare la durezza della vita contadina Van Gogh evolve il suo stile passando a una pittura ad olio, realizzata con colori terrosi e scuri al fine di creare atmosfere cupe: l’intento umanitario ereditato da Millet cambia quindi di segno, e Vincet inizia a evitare ogni romanticismo o moto di compassione nei suoi quadri. Ricerca allora un austero realismo, che dia
perfettamente conto della vita quotidiana delle persone umili. Gli anni di questi quadri a tinte scure coincidono con una stagione di spostamenti: Vincent viaggia nel Nord dei Paesi Bassi, nella Drenthe, regione ricca di torbiere, e qui ritrae operai e contadini a lavoro. Raggiunge poi i suoi genitori a Nuenen. Qui vive un periodo di grande fertilità artistica: realizza quasi duecento quadri e numerosissimi acquerelli e disegni, tra cui il celebre I mangiatori di patate. Nel quadro, la deformazione a cui Vincent sottopone le
figure umane ha uno scopo preciso: il pittore non vuole esprimere il mondo in sé, quanto, piuttosto, le violente emozioni che suscita, l’intensità di tutto ciò che lo circonda: «è così che guardava Vincent Van Gogh […] Era stato nel patio centrale del dottor Gachet. Si era sentito il grido di un uccello, diretto a sud. Van Gogh non si era limitato a voltare il capo per seguire la direzione del suono, come avevamo fatto tutti, ma era ruotato con tutto il corpo, per fissare frontalmente la traccia lasciata dall’uccello in volo
attraverso il cielo. Van Gogh guardava il mondo con l’intensità di un bambino».
«Guardo, appoggiato su una poltrona, di fronte al guardaroba, il volo solitario di un uccello sopra un campo di piccoli fiori
vermigli frustati dal vento. Credo che Van Gogh lo abbia dipinto ad Asnières: aveva da poco scoperto Hiroshige e Hokusai e stava cercando di contemplare il mondo con gli occhi di un artista giapponese».
Dopo l’improvvisa morte del padre nel Vincent ricomincia a viaggiare e a novembre si trasferisce ad Anversa, dove scopre le stampe giapponesi e l’arte di Rubens. Si innamora della tecnica nipponica, che definisce “semplice come il respiro” e acquista una gran quantità di xilografie con cui adorna la propria camera da letto. È anche grazie ai giapponesi se Vincent inizia ad esplorare registri di colore più chiari, ma, un influsso altrettanto importante, è da attribuirsi agli impressionisti.

Campo di grano con papaveri e allodola
Vincent Van Gogh, 1887
Van Gogh Museum, Amsterdam

Scaricatori ad Arles
Vincent Van Gogh, 1888
Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid
«Resta a fissare, per un po’, uno studio di scaricatori di carbone ad Arles. Quell’agognato giallo pallido del crepuscolo, che lo portava a ubriacarsi fuori misura. Sembra un Turner, o un Monet, ma con un pizzico di rabbia, infiammato dall’eccesso dell’assenzio, che conferisce autonomia alla sua pittura, una voce propria.
‘Sono rimasta a guardarlo per mezz’ora. La leggerezza del paesaggio come se si trattasse di un abbraccio. Van Gogh cerca
la pittura come l’acqua il tombino’».
Poco dopo la scoperta dei giapponesi Vincent osserva i lavori degli impressionisti: infatti nel 1886 decide di traferirsi a Parigi insieme a Theo. Qui schiarisce la sua tavolozza e mira a effetti di luce abbagliante, iniziando a servirsi di colori puri. Resta però lontano da alcuni dei temi e motivi principali dell’impressionismo, per Vincent infatti il colore è un mezzo di espressione immediata del suo mondo interiore, non del senso globale della natura. Sempre a questo periodo risale inoltre l’amicizia con Émile Bernard, Henri de Toulouse-Lautrec e Paul Gauguin, con cui organizza una mostra di opere nel cabaret Tambourin. Parigi fornisce stimoli indispensabili sia al Van Gogh-artista sia al Van Gogh-uomo, che rivela in questo periodo una sicurezza di sé e una serenità che, purtroppo, non sono destinate a durare a lungo.
«Quando passano davanti al ritratto di Eugène Boch, si stupisce di se stessa: ‘Il cobalto è un colore divino, Niente lo può superare, guardate voi stesso, per dare corpo all’aria che circonda le cose’ dice, davanti al marchand di Rotterdam, che si ferma incantato di fronte al quadro. La frase è una fra le tante, delle lettere di Van Gogh, che a Johanna sono rimaste impresse nella memoria».
Nel 1888 Vincent lascia Parigi e si stabilisce ad Arles, in Provenza. È un periodo molto fecondo, in cui dipinge quasi duecento opere in un anno. E, tra queste, la celebre serie dei girasoli, in cui si coglie la piena maturazione artistica: Vincent ha saputo coniugare tutte le tendenze più interessanti con cui è entrato in contatto, per poi giungere a una visione personalissima della pittura. I colori sono puri e stesi a larghe toppe, senza ombre né luci, e si intensifica la profonda deformazione delle forme che culminerà con le produzioni del 1890.
«Johanna gli dice che ha un paio di disegni a tratto fine, che il mercato probabilmente accoglierà senza problemi prima di esporre le opere più audaci. ‘Le più audaci? Ripete, curioso, Clément Roman, molto più interessato alle opere che Johanna Van Gogh-Bronger non è disposta a vendere. ‘E poi siamo arrivati ai quadri che meritano un museo. Quando gli ho mostrato, da ultimo, la serie di girasoli, la sua gioia era autentica».
In questo momento di grande ispirazione artistica non c’è però spazio per la soddisfazione personale. Ad Arles Vincent vagheggia di costruire una comunità di pittori che possano lavorare insieme a lui, ma il progetto non ha l’esito sperato le sue condizioni mentali si aggravano molto. I primi artisti che Van Gogh cerca di includere nel programma sono Bernard e Gauguin. Il secondo, dopo qualche esitazione e solo grazie all’intervento di Theo, decide infine di accettare. Ma ben presto i disaccordi tra Gauguin e Van Gogh si fanno aspri, e a seguito di una feroce litigata Vincent arriva a tagliarsi il lobo di un orecchio.

Rirtratto di Eugène Boch
Vincent Van Gogh, 1888
Musée d’Orsay, Parigi

Girasoli
Vincent Van Gogh, 1888
Neue Pinakothek, Monaco di Baviera

Autoritratto con l’orecchio bendato
Vincent Van Gogh, 1889
Courtauld Gallery, Londra
«A un certo punto, Johanna si lascia catturare dagli occhi di uno degli autoritratti. Quello dipinto poco dopo la mutilazione dell’orecchio. Ha un cappello invernale, una benda che gli attraversa il volto e incornicia ancor di più la profondità di
quegli occhi. Johanna deve superare un muro di paura. Ha bisogno di andare a camminare».
Dopo essersi tagliato un orecchio Vincent viene ricoverato nel manicomio di Saint-Rémy, dove continua a lavorare in uno stato di tensione allucinata e produce numerosi autoritratti in cui mostra il proprio volto sfigurato dall’episodio di follia.
«Nonostante tutto, Johanna non smette di darsi da fare. Ieri è passata alla Gallerie Groupil per calmare gli animi. Ha impolorato comprensione per il dolore del marito e ha preso accordi con uno dei falegnami per incorniciare alcune tele di Van Gogh. Fra le ultime, ha scelto quella che ritrae il volto, inclinato come un vascello, del dottor Gachet in ascolto».
L’ultimo anno della vita di Vincent è un continuo andarivieni tra casa e l’ospedale psichiatrico, le forme che dipinge sono sempre più distorte, trasmettono la sensazione di un urto allucinato con la realtà: visi, alberi, cieli si ritorcono in un vorticare da cataclisma, e i colori puri intensificano ancor di più la deformazione dei volumi.
Mentre Vincent sprofonda sempre più nella follia i suoi quadri sono animati dal furore creativo, i colpi duri di pennello abbandonano ogni piano prospettico e si scontrano, i colori violenti, le linee essenziali, sono la narrazione di un uomo ormai distrutto che, la sera del 27 luglio 1890, si spara un colpo di rivoltella al cuore.

Ritratto del dottor Gachet
Vincent Van Gogh, 1890
Collezione privata
Femminismo all’epoca di Wil e Johanna

Johanna Van Gogh-Broger col piccolo Vincent Willem
1890
«Dalla copia carbone del giornale femminista clandestino che le ha lasciato Wil a Villa Helma, ‘Le Femme libre’, Johanna ritaglia un articolo firmato con lo pseudonimo di Lucia Tower circa la giusta mentalità con la quale una donna dovrebbe intraprendere una nuova avventura sulla scena sociale: ‘Non essere timorosa, non pretendere successo immediato, poiché quello vero richiede tempo, e provare soddisfazione per l’impresa».
La vedova Van Gogh è un libro che racconta la tenacia di una donna rimasta vedova con un figlio piccolo da crescere, che ha la capacità e la forza non solo di prendere in mano la propria vita ma anche il grande merito di far conoscere al mondo l’opera del cognato: uno dei più importanti artisti del ‘900.
Come ci riesce? Intuisce di poter aprire un’attività, trasformando una bella casa di campagna in una locanda che accoglie i turisti in un’epoca in cui il turismo, soprattutto quello breve periodo, stava iniziando a diffondersi. Apre Villa Helma e nelle sue stanze espone i quadri di Vincent. Con il ricavato riesce a sostenere le spese per portare i quadri del cognato alle mostre.
Tutto ciò in un tempo in cui i suoi compaesani «guardano con una certa diffidenza all’esuberante
attivismo di una vedova così fresca».
Ad aiutarla Willelmina, la sorella minore dei Van Gogh, che aderisce alla causa femminista e appoggia la cognata nella sua lotta per l’emancipazione. Ma cos’era, quindi, il femminismo all’epoca di Willelmina e Johanna?
«Col treno del mattino, giunge Wil Van Gogh, ansiosa di vedere Villa Helma. È un po’ esaltata, anche lei, da un accesso di entusiasmo che se non altro sembra genuino: ha aderito al primo movimento femminista dei Paesi Bassi […] ‘Un giorno avremo diritto di voto. E voglio che sia in questa vita, non nella prossima’ le dice».
Nella seconda metà dell’Ottocento il femminismo si concentra su rivendicazioni di natura politica, in primo luogo il diritto di voto, ma le suffragette vogliono anche la parità tra uomini e donne all’interno della famiglia. Nel 1865 sorge a Manchester il primo comitato per il suffragio femminile. Quasi ovunque, però, bisogna aspettare decenni prima di vedere dei risultati concreti: in Europa il primo Stato a permettere alle donne di votare è la Finlandia nel 1906. Willelmina, fervente femminista, è però già rinchiusa nella struttura psichiatrica di Ermelo, dove rimarrà fino alla morte nel 1941.
Wil è stata una delle organizzatrici della Nationale Tentoonstelling van Vrouwenarbeid, la mostra nazionale del lavoro delle donne avvenuta nel 1898 all’Aia. La mostra prevedeva conferenze, l’esposizione degli attrezzi tipici dei lavori femminili (come macchine delle fabbriche tessili, dove erano impiegate molte donne) e dava informazioni e dati sull’occupazione femminile.
L’evento ottenne un grande successo, e il ricavato è stato usato per istituire nei primi anni del Novecento il Nationaal Bureau voor Vrouwenarbeid: l’ufficio nazionale olandese per il lavoro femminile, con l’obiettivo di “esplorare, ampliare e migliorare le possibilità lavorative delle donne olandesi”.

Willelmina Van Gogh
1862

nell’immagine il Manifesto della Mostra nazionale del lavoro delle donne
«A mezzogiorno, Johanna e Wil pranzano sotto i mandorli nel patio. Wil dice che non può essere lontano il momento in cui, in questo mondo di uomini, la donna cesserà di essere, nel migliore dei casi, un oggetto decorativo. ‘Ci trattano come se ci mancasse qualche cosa’ dice. Ci sono pensieri che, grazie a lei, si affacciano alla mente di Johanna per la prima volta».
Lettere a Theo
«Johanna e Wil non hanno alcun dubbio: Van Gogh fu un grande poeta prima che un grande pittore».
La corrispondenza di Vincent con suo fratello è uno dei fil rouge di La vedova Van Gogh: Johanna le legge tutte, e ne rimane estasiata tanto da esporle insieme ai quadri alle mostre, decidendo poi di curarne un’edizione che esce nel 1914.
Le lettere coprono diciassette anni: «Sono esattamente seicentocinquantuno, raggruppate per luogo di residenza di Van
Gogh . Da quella iniziale a Londra nel 1873, fino alla lettera che il pittore aveva addosso la sera della sua morte».
Una così fitta corrispondenza rappresenta un tesoro per lo studio della vita e dell’arte di Vincent: con Theo il pittore riflette sulle sue opere, le scelte stilistiche e le intenzioni programmatiche che ne stanno alla base. Spesso le lettere sono accompagnate da degli schizzi, e questo ci permette di entrare nella “bottega” di Van Gogh, e, da lì, vedere come sono nate le prime bozze dei suoi quadri.
Ma le lettere non sono solo uno strumento ausiliario per capire la pittura: sono in primo luogo poesia, testimonianza di vita e di pensiero.

Lettera di Vincent con disegno che rappresenta Sien, 1882
«Ogni scrittura non è che il germoglio di una riscrittura, sono giorni che Johanna legge le lettere come se leggesse Multatuli o Shelley: con un quaderno a portata di mano per prendere appunti […] molte volte, sul suo diario, lei interviene sulle frasi, dà aria alle parole, aggiunge gli spazi bianchi nessari e così appare, nelle lettere di Van Gogh, l’impronta della poesia:
Solo
dipingere
mi ha fatto vedere
tutta la luce
ancora presente
nel buio»
Il Van Gogh Museum di Amsterdam offre la possibilità di consultare gli originali delle lettere di cui è in possesso, se vi interessa.
Per chi ama la figura e l’arte di Van Gogh
ecco alcuni suggerimenti…
Cliccando il bottone in basso potrai visitare on line il Van Gogh Museum di Amsterdam (fondato dal nipote di Van Gogh, il piccolo Vincent del libro) tramite il Google Art Project. Attraverso questo strumento si può circolare liberamente all’interno del museo che ospita le più celebri opere di Van Gogh!
Copiosa la filmografia sulla vita di Vincent Van Gogh, di seguito, ecco i trailer ed estratti di alcuni tra i film più acclamati.
Cliccando sul pulsante in basso si possono ottenere le informazioni e comprare i biglietti della mostra di Van Gogh che si tiene a Padova da ottobre 2020 a aprile 2021.
Copiosa la filmografia sulla vita di Vincent Van Gogh, di seguito, ecco i trailer ed estratti di alcuni tra i film più acclamati:
Trailer di Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, film del 2018 diretto da Julian Schnabel, in cui si segue la vita di Vincent dal periodo parigino fino alla morte. Willem Dafoe, per la sua interpretazione di Vincent, è stato candidato al premio Oscar, al Satellite Award, al Critics’ Choice Awards e al Golden Globe e ha vinto il Premio Coppa Volpi al Festival di Venezia.
Trailer di Loving Vincent, film d’animazione britannico-polacco del 2017, diretto da Dorota Kobiela e Hugh Welchman. Si tratta del primo film interamente dipinto su tela: artisti di numerosi paesi hanno rielaborato i dipinti di Vincent, di seguito il link che spiega la particolarità della tecnica usata e come è stato possibili realizzare la pellicola: https://www.youtube.com/watch?v=BjFQ5NO2W4g
Loving Vincent è stato candidato come miglior film d’animazione ai premi Oscar, al Golden Globe, come miglio film dell’Unione Europea al David di Donatello e ha vinto il European Film Awards come miglior film d’animazione.
Una scena dal film Vincent & Theo, diretto nel 1990 da Robert Altman. Il film affronta il decennio 1880-1890, dando spazio alla rappresentazione sia della vita di Vincent che di quella di Théo. Nato in occasione del centenario della morte dell’artista, il film è stato realizzato come una mini serie di quattro ore (di duecento minuti di lunghezza) per la televisione, mentre una versione di
circa due ore è stata distribuita nei cinema.
Per chi ha amato il romanzo di Camilo Sánchez
Suggeriamo la visione di una sua intervista realizzata durante il suo tour
in Italia e un’intervista alla brava traduttrice Francesca Conte
L’intervista a Camilo Sánchez che racconta il suo libro al Salone del libro di Torino del 2017.
Leggi un’interessante intervista a Francesca Conte, traduttrice della Vedova Van Gogh.