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Si fa presto a dire podcast

Il successo crescente di un nuovo strumento narrativo

di Marco Zapparoli

Le origini

Il termine podcast nasce dalla combinazione fra ‘iPod’, ma anche ‘POD’, ossia Portable-On-Demand – e ‘broadcast’, e risale all’incirca al 2004. Il primo a dare spazio a qualcosa di simile a un podcast fu Dave Winer: rese disponibili contenuti audio scaricabili e ascoltabili grazie al sistema degli RSS, il primo fra gli aggregatori di notizie che scorrevano sui desktop di quegli anni. Winer era un celebre programmatore e innovatore del World Wide Web, le cui acque venivano solcate con grande successo da un altro personaggio poliedrico e un po’ piratesco, Adam Curry.

Figura di spicco di MTV, intervistatore di alto rango, negli Anni ’90 Adam fece bancarotta più volte con mirabolanti iniziative avviate fra Regno Unito e Olanda. Nel 2005, assieme a Ron Bloom diede vita a PodShow: fu la prima di una infinita serie di cicli dedicati ai podcast. Altri personaggi chiave delle origini furono Kevin Marks, che nel 2004 aveva iniziato a implementare i podcast in iTunes e Stephen Downes, filosofo e tecnologo canadese che utilizzò i podcast per avviare sistemi di e-learning a disposizione di tutti.

Nel 2005, il Presidente degli Stati Uniti George Bush si tuffò con grande energia nell’uso dello strumento, ben presto imitato dal Primo Ministro del Canada. Nello stesso anno nacque addirittura un Podcast Expo, con tanto di People’s Choice Podcast Awards.

Crescita della diffusione & successo

Negli anni successivi, in USA si assiste a una vera e propria escalation. Piccole start-up innovative si trasformano in aziende che sfornano ogni anno migliaia di podcast, ascoltati da decine di milioni di utenti. Nel 2006, The Ricky Gervais Show, che si può ascoltare via iTunes pagando un abbonamento di 95 centesimi, viene adottato anche da The Guardian, distribuito da audible.co.uk, raggiunge i 4,5 milioni di download.

Una serie che ottiene grande successo è This American Life. Ma la serie che soppianta tutti sul versante dei numeri, ed è tuttora una hit assoluta, è Serial. Secondo le parole della produttrice, Serial si basa su “crimini straordinari e argomenti elementari: amore, morte, giustizia e verità. Non è un’idea originale, ma sotto forma di podcast, e con la pretesa di offrire episodi di buona consistenza documentaria, forse lo è”. Serial vince innumerevoli premi, fa scuola e ovviamente ispira infinite emulazioni. Da My Favorite Murder a Somebody, da Dr. Death a In the Dark.

Crimini, musica, finanza, interviste & tutto il resto

Se diamo un’occhiata alla top ten dei podcast americani più seguiti, si trovano soggetti abbastanza prevedibili. Radiolab è un patchwork di suoni, persone, storie ed esperienze che ruotano attorno a una Grande idea. The Daily: grandi storie raccontate da grandi firme del giornalismo. Stuff You Should Know, ovvero tutto ciò che vorresti sapere, dal corredo genetico ai serpenti alle Galapagos. Dalla Storia al marketing, dalla finanza personale allo sport e alla salute al teatro, non c’è argomento che non sia coperto da podcast di discreto o eccellente livello. Sul blog di Sam Thomas Davies trovate un vademecum che vi aiuta a solcare il grande mare dei podcast americani di ieri e di oggi.

Creatività francese

Colpiscono per varietà e fantasia, i podcast francesi.

La Poudre, per esempio, passa in rassegna le figure femminili più carismatiche del XXI secolo. Donne d’affari, politiche, musiciste, artiste si raccontano con grande sincerità, grazie a interviste ben strutturate. Vergogna, compassione, riso, sono invece alcuni dei soggetti che danno vita alle puntate di Emotions, cui contribuiscono storici, psicanalisti, professori, affrontando queste parole chiave in modo tutt’altro che banale. 2H de perdues parla di cinema da un’angolazione piuttosto curiosa. Una sorta di salotto basato sullo sfottò di pellicole celebri e meno celebri. La Leçon, invece, è dedicata all’arte di saper perdere. Personaggi noti e meno noti raccontano l’episodio più sfigato della propria vita, soprattutto a come hanno reagito alla sconfitta. L’anno di svolta della diffusione dei podcast in Francia parrebbe il 2018. Sempre più persone li ascoltano, sempre più articoli qualificati se ne occupano. Ma, nonostante la creatività, la distanza con il mondo anglosassone appare incolmabile.

Dal 15 al 18 ottobre 2021, a Parigi si svolgerà la terza edizione del Paris Podcast Festival.

Podcast “nativi”

A differenza dei podcast radiofonici, che alla fin fine costituiscono l’archivio delle puntate di ottime trasmissioni, i cosiddetti podcast nativi sono concepiti, prodotti e diffusi esclusivamente su internet. Scrittura, suoni, rumori, voci sono messi al servizio dell’immaginario di ciascuno di noi stimolando un ascolto più profondo e attento. Si tratta di un formato che apre prospettive nuove. Integra aspetti della cultura teatrale, radiofonica, della lettura ad alta voce. Come quest’ultima, si rivolge all’emisfero del cervello più emancipato dalla ricezione visiva. Non raccoglie immagini: le genera.

Il suo potenziale creativo non è stato ancora pienamente sfruttato, tanto meno compreso, specie nei paesi dove la narrazione e le sue tecniche non sono diffuse e insegnate in modo così professionale. Esempi di podcast realmente narrativi o creativi in Italia si contano ancora oggi sulla punta delle dita. La tradizione legata alle grandi testate giornalistiche, come NY Times, The Guardian, The New Yorker, The Economist vede impegnati da noi Sole 24Ore, Repubblica, Corriere della Sera eccetera.

Volendo schematizzare, possiamo elencare le dieci tipologie di podcast più diffuse:

  • Investigazione
  • Formazione
  • Storici
  • Intrattenimento
  • Dialoghi, interviste, conversazioni
  • Musicali & spettacolo
  • Basati su fatti reali e/o straordinari
  • Narrativi
  • Vita quotidiana
  • Che-rispondono-a-ogni-possibile-quesito

Podcast “indipendenti” in Italia

La creazione di “format” indipendenti è al suo inizio.

Godono di crescente ascolto Da Costa a Costa, scritto e interpretato dal giovane vicedirettore del Post, Francesco Costa. Dal 2015, questo progetto si focalizza sulla cultura e sulla politica degli Stati Uniti, e alterna il racconto di figure di spicco, come Bill Gates, l’analisi di un discorso politico di Obama, l’occupazione del carcere di Alcatraz, o il controverso tema dei sondaggi.

Morgana, scritto da Michela Murgia e interpretato con lei da Chiara Tagliaferri, definito da loro stesse “La casa delle donne controcorrente, esagerate, strane, pericolose, stronze”: da Zaha Hadid a Pippi Calzelunghe, da Ipazia a Moana Pozzi o Margaret Atwood.

Sul versante dei podcast dedicati ai libri, molto ben fatto è Copertina di Matteo B. Bianchi: ogni episodio vede coinvolto un libraio che racconta se stesso, la propria libreria e i libri amati.

C’è molto spazio su questo versante della narrazione, della documentazione, della formazione attraverso uno strumento come il podcast. Possiamo serenamente dire che da noi, questa storia è ancora agli albori.

Secondo una statistica che risale alla fine del 2019, solo l’1% degli italiani ascolta podcast mentre – giusto per fare un confronto – la media di ascolto di Francia come già detto è intorno al 9%, in Germania e Svezia oscilla fra il 14 e il 16% della popolazione.

La prossima puntata

Giusto: e nel resto d’Europa, cosa accade? Come sono i podcast in Germania, in UK, nei coltissimi paesi Nordici? E, al di là di queste informazioni, come mai i podcast piacciono sempre di più?

Ci sono paesi dove questa avventura è davvero ai primordi. In Slovacchia, David Tvrdon ha dato vita da un paio di anni a Dobré ráno, serie ispirata a The Daily [New York Times]. In Spagna, un portale come Podiumpodcast.com raccoglie un ventaglio molto ampio di proposte, dalla narrativa alla scienza, dall’attualità alla storia.

E nella vitalissima Berlino, che accade? Per ora, buttate un’orecchio a Bear Radio, che cerca di coinvolgere il più possibile anche i giovani in questo nuovo business.

Insomma, della creatività e varietà europea, che si è messa in moto da pochissimi anni, e di altri temi legati ai podcast parleremo a settembre.

A questo punto, oltre che augurarvi buone letture, non ci resta che augurarvi buoni ascolti!

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